Reologia, Parte I: Concetti di Base

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In questa serie di articoli, cercheremo di capire una delle materie più complesse della chimica cosmetica: la reologia. Nella prima parte, vedremo i concetti base della reologia. Nella seconda, conosceremo i principali modificatori reologici (i “gelificanti”) usati nei cosmetici.

Cos’è la reologia

La reologia è lo studio del comportamento dei fluidi e del loro scorrimento. È una materia molto complessa e si tratta più di fisica che di chimica. Cercherò di spiegarla nel modo più semplice possibile qui, in modo da capire insieme le nozioni di base che possono esserci utili quando formuliamo cosmetici. Per informazioni più dettagliate su questa materia, vi suggerisco di guardare i video di Sam Morell (1) e di dare un’occhiata ai riferimenti (2) e (3). La trattazione che segue si basa principalmente su queste tre fonti. 

Perchè ci interessa tanto una materia di fisica così complicata? Perchè quando parliamo di emulsioni, come le nostre creme, o di idro- e lipogel, le proprietà di scorrimento di questi prodotti determinano le loro caratteristiche più importanti. Hanno infatti una forte influenza su due aspetti principali del prodotto cosmetico:

  • La sua stabilità: la stabilità di un’emulsione è fortemente influenzata dalla reologia del sistema, e specialmente dalla viscosità di fase interna e, soprattutto, esterna;
  • Il comportamento finale del prodotto sulla nostra pelle, il suo aspetto, la sua consistenza e le sue proprietà sensoriali. In pratica: tutto!

Fluidi viscosi e fluidi viscoelastici

Quando pensiamo allo stato fisico dei materiali, di solito li distinguiamo in gas, liquidi e solidi. Se dovessimo collocare i prodotti cosmetici in uno di questi tre, diremmo che possiamo avere per lo più liquidi e qualche solido. Però, non tutti i liquidi e i solidi sono “liquidi” o “solidi” allo stesso modo. C’è una grossa differenza nell’aspetto e nel comportamento di un tonico liquido, di una lozione fluida e di un burro corpo. Non diremmo che siano solidi, ma non sono nemmeno lo stesso tipo di liquido. 

Molti materiali si possono definire come viscoelastici. I materiali che sono prevalentemente viscosi sono liquidi e hanno sempre la stessa viscosità. Esempi sono l’acqua e gli oli. Questi vengono chiamati fluidi Newtoniani dai reologisti. 

I materiali come le lozioni, le creme e i gel sono viscoelastici: hanno alcune proprietà dei fluidi viscosi, ma anche qualcosa in più. Non si comportano esattamente come l’acqua. 

I pilastri della reologia: viscosità, shear rate e shear stress

La viscosità è la resistenza di un fluido allo scorrimento in risposta a uno sforzo applicato. Tutti abbiamo un’idea intuitiva di cosa significa viscosità: se vi chiedessi di confrontare la viscosità del miele con quella dell’acqua pura, mi direste che il miele è più viscoso dell’acqua. 

La viscosità è un parametro molto complesso, e intuitivamente possiamo dire che dipende dall’attrito interno tra le particelle di un fluido. Quando l’acqua scorre, c’è poco attrito interno tra le sue particelle, quindi scorre molto facilmente. Questo non accade per fluidi più viscosi come il miele, gli sciroppi e la glicerina. 

Ma la viscosità viene definita in modo più rigoroso prendendo in considerazione gli altri due pilastri della reologia: lo shear rate e lo shear stress.

Deformazione dei fluidi: shear

Ci sono diversi modi in cui un fluido può essere deformato: può essere compresso, piegato, tirato, ecc. 

Il tipo di deformazione che ci interessa di più nella reologia è lo shear (il “taglio” in italiano). Lo shear avviene quando applichiamo una forza sul fluido che è parallela alla sue superficie e facciamo scorrere le particelle del liquido una sull’altra. 

Per capire questo concetto e come i fluidi reagiscono a questo tipo di deformazione, possiamo considerare quello che succede se immaginiamo di avere dell’acqua che scorre all’interno di un tubo. Gli “strati” delle molecole di acqua non scorrono con la stessa velocità in tutto il tubo:

  • Gli strati più vicini alla parete del tubo sono più lente, per via dell’attrito con la parete del tubo stesso;
  • Gli strati di particelle fluiscono via via con maggior velocità man mano che ci allontaniamo dalla parete e andiamo verso il centro
  • Le molecole più veloci saranno quelle al centro del tubo

Quindi, abbiamo velocità di flusso diverse in diversi punti del tubo dove scorre l’acqua. Per esempio, avremo una differenza di velocità tra il centro del tubo e la parte più vicina alla parete. Questa differenza di velocità, ∆v, divisa per la distanza tra i due punti che stiamo considerando, ∆d, ci dà la velocità di taglio o shear rate γ̇. Lo shear rate quindi è un gradiente di velocità, e si misura in 1/s. 

Lo shear stress o sforzo applicato τ è la forza applicata sul tubo per unità di area. 

Lo shear stress è direttamente proporzionale allo shear rate: se”spingo” di più contro al tubo, l’acqua scorrerà con velocità maggiore.

Water in a pipe

Il ruolo della viscosità

Se confrontiamo due fluidi diversi che scorrono in tubi identici, ad esempio glicerina e acqua, lo stesso shear stress non produce lo stesso shear rate. Se spingo con la stessa forza, la glicerina scorrerà più lentamente. Questo avviene perchè tra lo shear stress e lo shear rate c’è un fattore di proporzionalità: è la viscosità η. La glicerina ha viscosità maggiore dell’acqua, quindi con lo stesso shear stress scorrerà con shear rate minore. 

Quindi alla fine, la viscosità è data dallo shear stress diviso per lo shear rate. Una viscosità maggiore richiede uno sforzo applicato maggiore per raggiungere una certa velocità di deformazione. 

Vediamo brevemente le unità di misura della viscosità: la viscosità è il rapporto tra uno sforzo (forza per unità di area, N/m2) e un rapporto tra velocità/distanza (velocità = distanza per secondo, m/s; distanza = m). La viscosità risulta quindi misurata in N ⋅ s/m2, comunemente Pa ⋅ s oppure Poise. 

Viscosità vs. densità

La viscosità viene spesso confusa con la densità, ma come avete visto, è un parametro ben diverso. La viscosità, misurata in Pa ⋅ s, è la resistenza allo scorrimento quando uno sforzo è applicato a un fluido. La densità è la massa di sostanza per volume, misurata in g/ml (ne abbiamo parlato quando abbiamo discusso le unità di misura). 

Spesso trovo i due termini, viscosità e densità, usati indifferentemente per descrivere la stessa cosa, specialmente quando si parla di cascata dei grassi nelle creme. Spesso viene detto che gli emollienti vanno scelti combinando più grassi a diversa densità per progettare creme con una certa spandibilità e proprietà sensoriali. In realtà, la proprietà che influenza come un emolliente si spalmerà sulla pelle non è la densità, ma la viscosità, perchè la spandibiità ha chiaramente a che fare con le proprietà di scorrimento di un fluido e non con la sua massa per volume. 

È però vero che nella maggior parte dei casi, fluidi a viscosità bassa hanno anche bassa densità e viceversa. 

Per esempio, il dicaprylyl ether ha densità 0,807 g/ml e viscosità 3,7 mPa ⋅ s a 20°C (4, 5), mentre l’olio di oliva ha densità 0,908 g/ml e viscosità tra 70 e 80 mPa ⋅ s a 20°C, e l’olio di ricino ha densità 0,961 g/ml e il suo range di viscosità è riportato tra 1000 e 1500 mPa ⋅ s (20°C) (6). Quindi sì, liquidi con densità maggiore spesso hanno anche viscosità maggiore. 

Ma se prendiamo ad esempio i caprilico-caprico trigliceridi, la loro densità è tra 0,930 e 0,960 g/ml (più alta di quella dell’olio di oliva) mentre la viscosità a 20°C è intorno a 30 mPa ⋅ s (7), quindi minore di quella dell’olio di oliva, pur avendo una densità maggiore.

Fluidi Newtoniani e non-Newtoniani

A questo punto devo dirvi che questa proporzionalità diretta tra lo shear rate e lo shear stress funziona solo in caso di fluidi Newtoniani, che hanno viscosità costante. Esempi di fluidi Newtoniani sono l’acqua, l’olio, la glicerina, e l’alcol. Se agitate una bottiglia contenente acqua, l’acqua non cambierà la sua viscosità e la sua velocità di deformazione (shear rate) dipenderà da quanto forte agitate (shear stress). 

In caso di fluidi non-Newtoniani, come i nostri temutissimi colloidi, le cose sono molto più complicate e il loro comportamento in risposta allo shear stress può essere un po’ bizzarro. Avete presente quei video della pallina di amido di mais che balla a ritmo di musica? Ecco, quello è il livello di stranezza che si può raggiungere con i fluidi non-Newtoniani. 

Profili di flusso di fluidi Newtoniani e non-Newtoniani

Quando osserviamo il comportamento di un fluido Newtoniano, come l’acqua, la sua viscosità non cambierà con lo shear rate (o con lo shear stress). 

Possiamo agitare quella bottiglietta quanto vogliamo, ma l’acqua non diventerà più o meno viscosa. 

Con fluidi non-Newtoniani, invece, possiamo osservare diversi comportamenti. 

I fluidi pseudo-plastici come le emulsioni sono materiali detti shear-thinning cioè la cui viscosità diminuisce con lo shear stress. Se agitate vigorosamente una lozione, diventerà meno viscosa rispetto a quando è a riposo. Quando smettete di agitare, la lozione tornerà alla sua viscosità di “riposo”. 

I fluidi dilatanti come la famosa pallina ballerina di amido di mais aumentano la loro viscosità quando soggetti a shear stress. Ecco perchè la pallina di amido inizia a ballare con la musica: è soggetta a shear stress per via delle onde sonore e la sua viscosità aumenta, dandole una consistenza più rigida. 

I fluidi tissotropici come alcune vernici e il ketchup presentano comportamenti simili ai fluidi pseudo-plastici, nel senso che la loro viscosità diminuisce aumentando lo shear stress. Ma quando smettiamo di agitare, ci vuole un po’ prima che il fluido riprenda la viscosità di “riposo”. Le vernici che hanno questo comportamento diventano poco viscose e scorrono bene con l’agitazione, e dopo che sono state stese sul muro continuano a spandersi in modo da non lasciare i segni delle spennellate, per poi diventare molto viscose e seccarsi.

Flow profiles of fluids.

Ma insomma, dove li mettiamo i cosmetici in tutto questo? Le emulsioni e i gel tipicamente hanno comportamento pseudo-plastico, a meno che non siano molto ma molto diluiti. In condizioni di diluizione molto alta, si comportano più da fluido Newtoniano. 

Influenza della viscosità sul prodotto cosmetico finale

Come accennato all’inizio, il controllo sulla reologia – specialmente sulla viscosità – del prodotto cosmetico è molto importante sia in termini di stabilità che di performance finale del prodotto. 

Questo vale sia per prodotti monofasici (idrogel e oleogel) che per prodotti multifasici (emulsioni, cioè lozioni e creme). 

In un idrogel o oleogel, la viscosità del gel ha chiaramente un ruolo fondamentale nelle caratteristiche di flusso e spandibilità finali del gel. 

Nelle emulsioni, principalmente possiamo controllare la viscosità della fase continua (acqua nelle o/w, olio nelle w/o). Fortunatamente per noi, la viscosità della fase continua ha l’influenza più grande sulla viscosità del prodotto finale. 

  • Impatto sulla stabilità: aumentare la viscosità della fase esterna farà sì che le goccioline emulsionate rimangano sospese nel mezzo esterno, evitando sedimentazione e cremaggio. In questo senso, la viscosità della fase continua aumenta la stabilità dell’emulsione. 
  • Impatto sulla texture finale e sulle caratteristiche dell’emulsione: l’uso di modificatori reologici nella fase esterna darà più corpo all’emulsione, ne migliorerà l’aspetto, modulerà la sua spandibilità e come l’emulsione scorre sulla pelle. Inoltre, l’uso di modificatori reologici spesso migliora il trattenimento di acqua da parte del prodotto.

Riferimenti

(1) Rheology video series by Sam Morell on Youtube

(2) Barnes (2004), The rheology of emulsions. In Emulsions: structure stability and interactions (ed. Petsev)

(3) Lochhead (2017), The use of polymers in cosmetic products. In Cosmetic science and technology: Theoretical principles and Applications (eds Sakamoto, Lochhead, Maibach, Yamashita)

(4) Dicaprylyl ether: ECHA, European chemical agency, Dioctyl ether Registration Dossier

(5) Sasol Chemicals, Safety data sheet for NACOL Ether 8

(6) Castor oil e olive oil: de Vries (2017), The effect of oil type on network formation by protein aggregates into oleogels, RSC Advances, 7, 11803

(7) Caprylic/Capric Triglycerides: Wilmar International Ltd, Technical sheet for Caprylic/capric Triglycerides

[Prossimo articolo: Reologia Parte II: Modificatori reologici]

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